Mi piace soffermarmi a scrutare il cielo in queste giornate di tempesta, dove il mare è gonfio di sospiri. Sono ai piedi del Waterfront, nuova elaborazione del “Piano” supremo, a respirare cemento e iodio; io, curioso per natura, mi lascio ammaliare dal fascino del cantiere, giostra popolare che entusiasma bambini e ferma il tempo a ombre dai capelli brizzolati.

L’idea dei canali, la volontà di dare una nuova vita a quest’area dalla visione preistorica, mi convince, ma trovo sacrificati gli edifici residenziali, due strutture a forma di barca tra il padiglione Nouvel e il Palasport: una frittura di pesce non completamente digeribile.

Quando si mescolano i bisogni residenziali a quelli del popolo, alla confusione delle manifestazioni, alle lotterie sportive e agli odori dei canali a corredo, non si è certi del risultato finale. Mi chiedo se le unità immobiliari valgono il peso dei dobloni d’oro o se la parola “vista mare” vale come principio di innesco per tutte le miscele.

È tutto un via vai di gru, strutture da cantiere, nuovo materiale, polvere, sudore e cemento: groviglio di economia, speranze e aspettative mentre mi addentro lungo il cantiere.

Non riesco a percepire se i tempi sono rispettati, ma ho letto di tutto: numeri, speranze e proclami.
A parte gli edifici residenziali, il progetto mi sembra caduto nelle braccia di Morfeo; magari è solo un’impressione di una persona che ha negli occhi gli strabilianti tempi dei progetti di paesi più performanti.

Sono curioso di vedere come prenderà vita il Palasport, malgrado lo scheletro immutato nel contenuto e nei numeri, con una capienza per circa 5.000 persone, pochi fortunati d’altri tempi. Sarà valorizzato da un abito rinnovato, un nuovo palazzetto dello sport, forse privato o forse pubblico, tutto corredato da scontate attività commerciali, immancabili nella nostra città dove la densità dei supermercati è oggi pari a quella delle api in un alveare.

Oggi i pensieri da “mugugno” facile, con l’ombra che si sposta ad ovest verso la parte dei cantieri navali, mi portano a riflessioni sulle attività operative che oggi occupano le banchine e gli spazi portuali fino al Porto Antico. Mi piacerebbe aprire un dibattito su una possibile e futura ricollocazione, per liberare le aree, forse per i miei nipoti? Una visione onirica, un water front collegato da piazzale Kennedy fino alla Lanterna. Sogno, utopia o chimera?

Quando guardo la mia città, mi piace sognare che maturi un’identità precisa. Tutti i sogni hanno un costo e un prezzo. Poso il binocolo, passo e chiudo.

Oscar Estate